venerdì 16 novembre 2012

L’angolo del minibasket, a cura del Prof. Mondoni


Scritto da Andrea Ferrari

Seconda parte del seminario tenuto dal Prof. Maurizio Mondoni dal tema: “Le tre C nel minibasket”. Dopo la prima della scorsa settimana dedicata alle CAPACITA’, di seguito oggi le:



COMPETENZE


Se volessimo sbrigarci con poche parole, potremmo affermare che le competenze sono le capacità individuali di ogni bambino portate a compimento: chi siamo, come ci comportiamo di fronte a problemi che ci sono presentati, come li risolviamo.
Ma non è vero.
Mentre le capacità esprimono la forma del nostro essere potenziale, le competenze manifestano la forma del nostro essere attuale.
Le capacità e le competenze sono dinamiche, in evoluzione, si trasformano continuamente.
Al pari delle capacità, le competenze riguardano il nostro essere, non sono assolutamente un nostro avere e, quindi, vanno analizzate logicamente e operativamente.
Si può affermare che ognuno di noi è più competente nella logica che nell’espressività, nell’operatività professionale, che nelle relazioni interpersonali.
Si può giungere a gradi maggiori di competenze nei campi della logica, del lavoro, delle relazioni sociali e interpersonali, nei quali siamo circa competenti.
E così per tutti gli altri aspetti, anche in quello motorio, ludico e sportivo (e nel nostro caso nel Minibasket).
Si tratta solo di considerare se da POTER ESSERE, tutti gli aspetti si sono fatti ESSERE del soggetto: sono non più una sua possibilità, ma lui, in persona, di fronte ai problemi concreti che deve risolvere.
Al pari delle capacità vanno ricordati i due rischi precedenti.
Una competenza nel Minibasket non potrà mai essere settorializzata alla competenza della tecnica cestistica, un buon Istruttore di Minibasket deve conoscere ciò che insegna, a chi lo insegna, che tipo di metodo utilizza, di che mezzi si serve, che linguaggio usa per comunicare.
Un buon Istruttore non deve dimenticarsi che il bambino deve essere al centro (“centralità”) dell’intervento educativo, deve saper comunicare e favorire la comunicazione, deve sapere quando correggere, come correggere, deve sapere che “carico” di lavoro utilizzare.
La competenza non è mai solo TEORIA (sapere come stanno le cose e perché: scienza pura), nemmeno solo TECNICA (riuscire, utilizzando parecchie procedure, a prevedere ciò che si può fare riguardo a qualche cosa e a concretizzarlo: scienza applicata), nemmeno solo l’agire, avendo visto come stanno le cose e realizzare non tanto ciò che si potrebbe realizzare, ma ciò che è bene realizzare in quella particolare situazione e come si deve, cioè con bontà.

La competenza è la dimostrazione dell’unità inscindibile di tutti questi aspetti che sono in noi quando si affronta un qualsiasi problema specifico della vita (sociale, professionale, personale) e non solo si è in grado di scegliere le soluzioni migliori rispetto alla realizzazione del compito, ma si è anche nelle condizioni di modificarle e sostituirle, se serve.
Si è artisti, o Insegnanti, o Istruttori Minibasket competenti, non tanto perché si possiedono e si esercitano le TEORIE (conoscenze) e le PROCEDURE (abilità) necessarie per svolgere il proprio lavoro in modo eccellente, quanto perché queste teorie e procedure non devono restare solo strumentali ed oggettivate, ma sono il nostro attuale modo di essere (quello che siamo e che vogliamo essere), cioè più o meno rapidi, eleganti, creativi, emotivi, collaborativi, morali, integrati, comunicativi.
Nel nostro caso di Istruttori Minibasket, non solo siamo in grado, in un gruppo di 20 bambini (eterogeneo), di stabilire i risultati di apprendimento che è ragionevole e giusto attendersi da ogni bambino che ci è stato affidato e di cercare di fare in modo che raggiunga quello e solo quello che può raggiungere (con compiutezza e soddisfazione), “mirando” agli obiettivi che ci siamo prefissi (obbligatori e optativi), utilizzando mezzi buoni e corretti (esercizi), ma possiamo fare ancora di più, quando nell’agire ci mettiamo in gioco come persone e trasformiamo le nostre esperienze in un’occasione per perfezionare la nostra vita, per vivere (fare, decidere, essere) meglio.


Come si promuovono

I mezzi che abbiamo a disposizione per passare dalle capacità alle competenze sono le CONOSCENZE (in tutte le loro forme dichiarative, condizionali e procedurali) che incontriamo o maturiamo e le ABILITA’ di cui ci impadroniamo e che utilizziamo nelle diverse situazioni nelle quali ci veniamo a trovare.
Avendo conoscenze ed esercitando abilità, abbiamo l’occasione per verificare sempre più a fondo le nostre capacità e per scoprire, a mano a mano, con le nostre competenze, chi, momento dopo momento, noi effettivamente siamo.
Potremmo perfino trovarci ad essere diversi da quelli che pensavamo di essere e di poter essere (un “noi” imprevisto).
Nessuno può dichiarare di essere e di poter essere tutto quello che è fino a quando non ha svolta tutta intera la sua vita (le contingenze empiriche, le conoscenze, le abilità di volta in volta assunte, possono costituire un’occasione per svelargli capacità insospettate).
Nessuno può dichiarare di non essere più o meno competente in e davanti a qualsiasi cosa, fino a quando non è posto nelle condizioni di poterlo dimostrare.
Le capacità non esercitate si atrofizzano, non si sviluppano e non diventano mai competenze.
E’ una nostra capacità anche il perdere una parte dell’essere reale che siamo in potenza, cioè non poterlo attuare.
Può essere bene, se queste capacità potenziali atrofizzate riguardano la parte meno nobile ed avvalorabile del nostro essere; può essere un male, però, se esse riguardano ciò che ci rende sempre migliori.
L’educazione è il processo attraverso il quale si scelgono le contingenze empiriche, le conoscenze, le abilità che ci sembrano favorire il passaggio dalle nostre migliori capacità in competenze reali.
Tutte le conoscenze esistenti ed accumulate dall’uomo nella sua storia, si equivalgono per trasformare al meglio le nostre capacità razionali in competenze razionali?
Quali sono le azioni che ci permettono di risolvere al meglio i problemi operativi che ci angustiano, di produrre cose utili a noi e agli altri, così da renderci tecnicamente competenti in uno o più settori?
Perché queste abilità e non altre, riescono a farci essere quello che siamo?


Il dibattito scientifico contemporaneo

Del termine competenza, si danno oggi in letteratura, tre versioni fondamentali.
Secondo una prima concezione (behavioristica), competente è colui che è stato addestrato, ovvero ripetutamente esposto a stimoli condizionanti, che lo portano ad acquisire determinati comportamenti misurabili ed osservabili (training), ritenuti validi per la soluzione di particolari problemi.
La seconda versione definisce le competenze come un insieme predeterminato di proprietà razionali, operative, motivazionali, emotive, relazionali ed espressive interne al soggetto, che egli mostra di possedere, indipendentemente dalla natura del compito specifico che è chiamato ad affrontare e dalla situazione concreta in cui viene a trovarsi.
In questo senso, si preferisce parlare di metacompetenze o di competenze generali, valide in tutte le circostanze, che sarebbero applicabili a qualsiasi nuova e differente situazione problematica in cui il soggetto stesso dovesse venirsi a trovare, dando così origine alle competenze specifiche (insegnamento del Minibasket).
L’ultima versione delle competenze recita: la competenza è il risultato di un’interazione tra soggetto, oggetti materiali, significati sociali impliciti ed espliciti, azioni di altri soggetti, etc.
Per dimostrare competenza, non basta saper applicare regole in situazioni semplificate ed artificiali (astratte), serve farlo ogni volta, con originalità ed adattamento, nelle situazioni concrete, legate a contesti reali in cui ci si viene a trovare.
Le competenze non sono riducibili a schemi, a sequenze o a piani d’azione codificabili in manuali, né sono trasferibili da un soggetto all’altro.
Si è competenti quando si decidono le azioni mentre si compiono, si valutano e si correggono in seduta stante, si esplorano gli elementi impliciti nelle azioni stesse per tenerne conto immediatamente in quelle successive, si ristrutturano significati e fini, contemporaneamente all’impiego di determinati mezzi, si scopre, si genera e si condivide un senso di tutto ciò che si fa, senso che si adatta e segue ogni modificazione dei dati del sistema e delle dinamiche relazionali che lo accompagnano (capacità di modificare l’andamento di una lezione di Minibasket).
Se di fronte ad un problema di qualsiasi natura (sociale, esistenziale, culturale, artistico, professionale, motorio, sportivo), ne comprendo i termini nella loro complessità, troccio un piano risolutivo, lo attuo e verifico se e in che misura è stato efficace, così da procedere alle rivisitazioni del caso, certamente dimostro di essere COMPETENTE. Dimostro di essere un uomo che ha portato a compimento le sue CAPACITA’ intellettuali.
La competenza, però, richiede qualche cosa di più determinato e contestuale per reclamarsi tale, cioè deve adattarsi alle irripetibili peculiarità di ciascun problema e comprendere l’importanza che, in ogni processo di scoperta, ha il caso o quell’inesprimibile sentimento del “non so che” che tanta parte ha avuto ed ha nell’estetica.


Orientamenti conclusivi e raccomandazioni per l’azione educativa e didattica

Le competenze non sono intenzioni dell’insegnamento, sono semmai un suo risultato.
Non si riferiscono a possibilità ideali del bambino, ma esprimono i suoi guadagni formativi reali e i suoi modi di essere nell’affrontare situazioni e problemi.
L’Istruttore è tenuto a registrarli e a lasciarne traccia nel “portfolio” di quel bambino; se poi ritiene che la competenza raggiunta da quel bambino possa essere la capacità di un altro, nulla di male se ciò è vero, ma è altresì vero che la raggiunge dopo il lavoro pedagogico esplorativo necessario per identificare le capacità di “quel” bambino.
E’ impossibile certificare il raggiungimento di competenze uguali per tutti i bambini di un determinato gruppo di Minibasket, facendo in questo modo significa trascurare quanto esposto precedentemente e procedere a semplificazioni formali.
E’ di moda parlare di competenze ai fini di debiti e crediti; è falso affermare ciò, in quanto non sono competenze, ma conoscenze e o abilità.
Non si possono quantizzare e misurare le competenze di ogni individuo, è più facile individuarle (se si è capaci) ed osservarne le sfumature, le intuizioni, i sentimenti.
Per stabilire se un bambino (o un Istruttore) è o non è competente a giocare o a insegnare Minibasket, non bisogna accontentarsi solo di griglie, di test, di prove oggettive e di esperimenti.
Questi strumenti hanno bisogno di essere integrati con altri: racconti della famiglia, della vita, i diari, ascoltare, osservare, discutere, intervistare.
Solo così si possono evitare i rischi della sostanzializzazione e della settorializzazione.

Fonte: dailybasket

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