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giovedì 1 aprile 2021

Giocano una contro l'altra, vincono in tre: Brescia. Brindisi e Mabasta

Avversarie sul campo ma alleate contro il bullismo. Sport, anzi Basket batte Bullismo 1000 a 0

Domenica si è giocata la sfida di campionato tra Germani Brescia e Happy Casa Brindisi sul parquet del PalaLeonessa A2A di Brescia. Per l’occasione i giocatori di entrambe le squadre si sono schierate al fianco del movimento giovanile anti bullismo 'Mabasta', e hanno “giocato” tutte insieme nella lotta contro ogni forma di bullismo e cyberbulllismo.

I Capitani delle due squadre sono scesi in campo mostrando la maglia appositamente disegnata per l’occasione. Successivamente tutti i giocatori di entrambe le squadre l’hanno indossata al momento della presentazione delle squadre e dell’inno di Mameli, a pochi minuti dalla palla a due. Un grande colpo d’occhio che ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa.

Sul retro della maglia, un’originale iniziativa con tutti i nomi dei giocatori, come dire: “Siamo tutti schierati contro il bullismo ed il cyberbullismo e ci mettiamo il nome”.

brescia_brindisi4.jpgAldilà del risultato sportivo, per Pallacanestro Brescia e New Basket Brindisi, quella contro il bullismo è stata una partita già vinta prima del fischio d’inizio. Avversarie sul campo, le due squadre si sono presentate come forti alleate nella vita e nel sociale in una sfida che vede tutto il mondo dello sport al fianco dei ragazzi di 'Mabasta' nel loro grande progetto dal nome più che evocativo: “1000 a 0 – Sport Vince Bullismo Perde”.

«Lo scorso 7 febbraio, nel corso della Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo a Scuola – ha sottolineato Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2A, azienda sponsor del match contro il bullismo - sono stati diffusi alcuni dati che evidenziano come il fenomeno attraversi e coinvolga in modo preoccupante le giovani generazioni. Anche a Brescia, di recente, si sono registrati gravi episodi. Un fenomeno che da un lato richiama l’esigenza di un’azione convinta e corale in campo educativo e culturale, dall’altro evidenzia il forte malessere diffuso tra i più giovani, che l’anno della pandemia e dell’isolamento sociale ha acuito ulteriormente. La partita di domenica, oltre a suggellare il legame tra le squadre di Brescia e di Brindisi nel nome di A2A, ha costituito così, grazie allo straordinario volano rappresentato dallo sport, una preziosa occasione per ribadire, una volta di più: mabasta!».

«Siamo rimasti profondamente colpiti – hanno raccontato Mirko Cazzato e Greta Ingrosso, rispettivamente team leader e componente di “Mabasta” – quando il general manager della Pallacanestro Brescia, Alessandro Santoro, ci ha chiamato e ci ha comunicato questa meravigliosa idea di dedicare la partita di domenica alla causa del nostro progetto “1000 a 0 – Sport Vince Bullismo Perde”. Scoprire a posteriori che le due squadre si erano sentite e accordate (…a nostra insaputa) è stato meraviglioso, come meravigliosa è la maglia che i giocatori hanno indossato domenica. Vogliamo ringraziare entrambe le squadre per la sensibilità e la partecipazione e la società A2A per aver sostenuto l’iniziativa.»

Collegamenti utili:

Progetto “1000 a 0”: www.1000a0.org

Mabasta: www.mabasta.org

sabato 31 marzo 2018

Serie A2 F: Cus Cagliari - Delser Udine 54 - 47

Cus Cagliari: Ridolfi 12, Gaetani ne, Rossi 14, Sorrentino 6, Borsetto, Caldaro 12, Zucca ne, Lewis 4, Aielli ne, Niola 6, Santoru ne, Mancini ne.   Allenatore: Federico Xaxa

Delser Udine: Bianco, Blazevic 7, Ciotola 2, Mancabelli 5, Sturma, Vicenzotti 19, Pontoni 1, Da Pozzo 5, Rainis 6, Romano 2.   Allenatore: Pomilio Amalia
Parziali: 17-12;  10-19;  20-8;  7-8

Arbitri: Bernassola Andrea di Palestrina (RM)  -  Rubera Lanfranco di Roma
10^ Giornata di Ritorno  -  Girone Nord

mercoledì 22 luglio 2015

Cagliaribasket, Federico Manca la passione per il basket


Compirà trentatre anni  ad ottobre, una cuginanza con il suo omonimo e, quindi, con coach Paolo Manca  e le idee chiare su quello che  vuole fare , specialmente nel mondo dello sport.  

Federico ha un' innata passione per il basket che lo porterà a giocare ancora  per un po', considerato che ha qualche interesse da riscuotere causa lungo infortunio sofferto due anni fa.

Ma questo qui farà l'allenatore, si sente da come ragiona, da come parla della sua squadra Under 14 "in collaborazione con Enrico Peretti e l'apporto prezioso di un maestro come Ezio Lotti" - ricorda - che ha appena raggiunto un discreto risultato alle recenti finali scudetto .  
  
Gli dico che , secondo me,  è importante tirare fuori giocatori di buon livello, ma anche fare in modo che i ragazzi continuino a giocare ben oltre le giovanili anche fosse la prima divisione, e lui: ...continua a leggere 




domenica 19 luglio 2015

Le lacrime della cicala

Le parole del "Nessun dorma", pezzo di apertura del Blog Cagliaribasket di Stefano Muscas, mi riportano alla mente i primi "articoli" scritti sul blog (cestisti con la valigia  e baskettari con la valigia) per "denunciare" lo scarso utilizzo dei giovani nelle prime squadre e il precoce abbandono dello sport. 
Oggi più che mai con la crisi economica, di anno in  anno, assistiamo alle mancate iscrizioni delle squadre ai campionati, e lì subito a dare le colpe a questo o a quello, la federazione qui, la federazione lì. Ma siamo veramente convinti che le colpe siano di altri? O forse sarebbe il caso di fare il mea culpa e pensare che qualcosa negli anni si sia sbagliata?
In tempi di vacche grasse, che hanno fatto certe società? Il modello di Reggio o di Venezia fa invidia, le società che hanno creduto negli investimenti sul vivaio, ora vivono di rendita. 
Alcune società in questi anni, (qualcuna anche in casa nostra) ha pensato bene di partecipare ai campionati nazionali, contando sui contributi di mamma regione, senza avere alle spalle un settore giovanile florido, da cui attingere negli anni a venire. 
La programmazione, questa sconosciuta. Ora, tutti a piangersi addosso, a dire "il movimento sta morendo", ma per colpa di chi? Chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Meditate e programmate per salvare il salvabile.
Ora la formica se la ride, mentre la cicala, che prima ha cantato, affoga nelle proprie lacrime.

"L’impressione è che, a parte lamentarsi, tanti istruttori abbiano pensato a raggiungere effimere glorie personali piuttosto che dare un contributo importante alla ripresa del movimento. Pochi talenti ma anche poca voglia o capacità di crearne o affinarne di nuovi lavorando sui fondamentali individuali. Vincere trofei giovanili e fare allontanare dal campo i ragazzi prima dei vent’anni pare essere, da  tempo, diventata una pessima abitudine. Intendiamoci, queste stesse critiche le sentivo rivolgere a quelli della mia generazione di giovani istruttori/allenatori quando iniziavamo ad "allenare, il problema è che la situazione è peggiorata". (Stefano Muscas)

di N.C. Basket Sardegna

giovedì 26 febbraio 2015

Senza il Fair Play lo Sport non esiste

Questa affermazione invita tutti a riflettere e ad agire in un’ottica di sport vero, pulito, veicolo di valori, cultura e non solo di risultati, di agonismo esasperato e di doping.

Il Fair Play è un modo di vivere

Questa deve essere una serata di meditazione, di riflessione e dovrebbe essere aperta a tutti (Genitori, Dirigenti, Istruttori, Allenatori, Insegnanti).

Lo sport non è solo prestazione fisica, è al tempo stesso prestazione morale ed è proprio in questo contesto che interviene il Fair Play.

La cultura sportiva
Il cittadino medio pensa di possedere cultura sportiva perché va allo stadio, perché legge i giornali sportivi oppure perché discute di sport al bar con gli amici.

Questa non è cultura, è tifo.

La cultura sportiva è l’insieme delle esperienze motorie e sportive e delle sensazioni maturate da un persona con il passare del tempo.

Le Agenzie Educative che devono promuovere questo tipo di cultura sono:
– la famiglia
– la scuola
– la società sportiva

Ogni famiglia deve essere il centro dei valori umani, perché è da lì che essi nascono, sbocciano, fioriscono e portano il giovane alle alte vette di questo tipo di cultura. I genitori devono essere sempre e in ogni occasione il “buon esempio” per i loro figli, in tutti gli ambiti (morale, sociale, educativo, motorio e sportivo).

A scuola il “buon esempio” deve arrivare dagli Insegnanti, in quanto da loro dipende la formazione degli allievi e quindi ognuno ha il dovere di porsi e di proporsi come un buon esempio di condotta, di comportamento, di scelte, di pensieri e di Fair Play. L’Insegnante deve essere un modello (tra i tanti modelli) per i suoi allievi (in ambito educativo, sociale, motorio e sportivo), un ideale per loro, una meta da raggiungere.

Nella Società Sportiva, il buon esempio deve arrivare dai Dirigenti, dagli Istruttori e dagli Allenatori, che non devono “curare” solo i talenti, ma si devono interessare di tutti gli atleti della società, anche i meno bravi, con amore, comprensione, pazienza e educazione. Devono insegnare loro come comportarsi in campo (nei confronti degli avversari, dell’arbitro e del pubblico), devono far capire loro che si può anche perdere (e non sempre è colpa dell’arbitro), devono far capire loro che esistono delle regole di condotta da rispettare durante il gioco, gli allenamenti, nella vita di relazione.

Il carattere, la personalità e il Fair Play dei giovani atleti si formano con il passare del tempo, attraverso gli esempi e i modelli da imitare.

Dobbiamo smettere di dire che l’importante è partecipare.

L’agonismo è insito in ciascuno di noi, sin dalla nascita, basta educarlo e convogliarlo in giusti canali; l’agonismo è una componente insopprimibile della pratica sportiva. Quello che bisogna aborrire è l’antagonismo, cioè il voler vincere a tutti i costi, costi quel che costi!

L’importante è confrontarsi e verificare quanto una persona vale e se ogni volta ci si migliora è come se si avesse vinto.

Quando si gioca la partita deve essere un confronto tra due squadre e non scontro e con fair play. Questa è una filosofia che non sempre è accettata dai genitori e dai tecnici, ma che a lungo andare paga sempre.

I media orientano i loro riflettori principalmente verso i vincitori. Dobbiamo ammettere che è il denaro ad attirare i vincitori e i loro concorrenti e a questo punto è difficile coniugare il successo con il Fair Play: il successo è sempre misurabile, mentre il Fair-Play non lo è.

Durante le cerimonie protocollari delle premiazioni, nessun riconoscimento è previsto per il Fair Play: né premi in denaro, né medaglie, né diplomi.

Il successo è l’aspetto tangibile mentre il Fair Play è l’aspetto invisibile.

Due poli opposti che si determinano reciprocamente, tanto più si allontanano l’uno dall’altro.

Non si può concepire lo sport senza regole, ma l’osservanza di regole e normative non si applica al Fair Play.

Comandamenti come il Decalogo del Fai Play non bastano. Al Fair Play si può giungere solo con un atto personale di volontà, in quanto esso non è mai un semplice valore in sé, ma un modo di vivere.

IL FAIR PLAY E’ UN MODO DI VIVERE

Il Fair Play non deriva da un atto singolo ma da un comportamento di vita, non è mai un bene acquisito per sempre, non nasce da teorie filosofiche sviluppate in un ambiente chiuso, ma dall’incontro, dal dialogo e dalla competizione.
L’essenziale non è aver vinto, ma aver dato il meglio di se stessi nella competizione.

Chiunque si dedichi alla divulgazione di queste idee, apre la via ad una umanità più coraggiosa, più forte, cosciente e generosa.

Il Panathlon International si batte da anni per portare avanti questi concetti e ben vengano tavole rotonde, seminari, conviviali, che siano testimonianze efficaci per fare in modo che il buon esempio e che il Fair Play ritornino in famiglia, nella scuola e nei campi sportivi.

Ne abbiamo bisogno!

Quali sono i criteri che permettono di riconoscere il Fair Play?
Il Fair Play non si decreta, deve nascere da sé e il suo valore si rivela considerando il suo contrario: l’atto sleale.

Per esempio il doping, non certo l’unico flagello dello sport attuale, ma forse il più grave e diventato negli ultimi anni sinonimo di disumanità nello sport. Sappiamo che i divieti non bastano, occorrono la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, la vigilanza crescente negli ambienti sportivi, la reazione degli sportivi stessi, il lavoro certosino della famiglia e della scuola, sono segnali incoraggianti.

L’agonismo sportivo deve essere educato, non esasperato.

L’esasperazione dell’agonismo conduce lo sport ad essere non più immagine della vita, ma della guerra e se non è ben controllato ed orientato, può diventare un attentato alla vita.

Il mondo dello sport ha bisogno di Educatori, Insegnanti, Allenatori veri.

Educare significa “tirare fuori il meglio da ognuno”

, quindi occorre fare in modo che tutti diano il massimo: se uno da il massimo è come se avesse vinto.

Come si deve fare per “tirare fuori il massimo da ognuno?

Occorre che la famiglia sia solida, che possegga valori e ideali importanti, che gli Insegnanti siano capaci e competenti e che la società sportiva sia sana.

La cultura sportiva, il buon esempio e il Fair Play non nascono da soli, devono essere educati e sviluppati da persone con buon senso, competenti ed equilibrate.

Lo sport gioca un ruolo importante e decisivo nell’educazione dei giovani, i suoi valori possono entrare, assieme al Fair Play nella cultura dei cittadini del domani, ma per poter fare tutto ciò occorrono genitori bravi e intelligenti, Insegnanti al passo con i tempi, Istruttori e allenatori più Educatori e meno tecnici (se poi sono anche dei bravi tecnici tanto meglio), Dirigenti all’altezza delle situazioni Operatori Sportivi, Dirigenti e giornalisti, consapevoli dell’importante ruolo che ricoprono.

Abbiamo bisogno di modelli di FAIR PLAY.
Scivolano gli anni, mutano le generazioni, nascono le guerre, gli atti di terrorismo, i media amplificano sovente immagini ed echi degli eventi negativi, si parla tanto di spettacolo sportivo, ma poco di Fair Play. Eppure ogni anno in tutti i paesi appaiono e si avvicendano i testimoni del Fair Play: Paolo Di Canio in Inghilterra ne è l’esempio più eclatante.

Ma Fair Play non è solo questo: comportarsi bene in campo, con cavalleria, rispettare gli avversari, gli arbitri, i compagni di squadra, il pubblico.

Un buon Educatore deve educare i propri atleti sia alla vittoria che alla sconfitta: questi sono buoni esempi di Fair Play.

Insegnare a perdere senza fare drammi, insegnare a vincere senza esaltarsi troppo.

Umano è vincere, umano è perdere, ma la sfida sta nel saper vivere con nobiltà e dignità d’intenzione e di comportamento, l’uno e l’altro momento della vita: entrambi sono degni di memoria solo se riferiti al cammino di crescita e di perfezione della persona.

Conclusioni
Spirito e pratica del Fair Play sono forse reminescenze di una mitica “età dell’oro” dello sport, vissuta, se mai è esistita da una classe di privilegiati anglosassoni?

O forse graffiti di una stagione travolta da un epocale mutamento dei valori nelle società cosiddette avanzate?

Oppure atteggiamenti e gesti di lealtà, di rispetto e di onore per l’avversario, di congeniale osservanza delle regole scritte e non scritte della competizione, di fedeltà alla verità del risultato anche contro la propria utilità?

Oppure dobbiamo pensare che il Fair Play è riservato a una sparuta specie di epigoni di un romanticismo sportivo attardato ai margini dei clamori e degli spettacoli imperanti?

http://www.mauriziomondoni.com/

lunedì 15 dicembre 2014

Storie di basket: " l'amico" tabellone


Oggi lo usiamo per appoggiarci i lay-up o, se siamo molto precisi, anche i tiri dalla media distanza, ma in realtà nasce con tutt'altro proposito: quello di evitare che gli spettatori respingano i tiri dei giocatori dagli spalti.


Dite la verità. Vi sarà capitato, almeno una volta, di andare al campetto e vederlo: il cinquantacinquenne brizzolato, coi pantaloncini inguinali, le All-Star di tela ai piedi, i calzettoni al ginocchio e il petto nudo, riarso dal sole ma nello stesso tempo imbiancato dal pelo. Un tempo, probabilmente, è stato un discreto giocatore delle minors, magari con un passato anche in qualche Serie C2: ora è raggrinzito e flaccido, con un accenno evidente di pancetta, ma dalla media distanza ha quella sua dannata mattonella: bum! Bum! Bum! Spingardata contro il tabellone che assorbe dolcemente il pallone recapitandolo costantemente sul fondo della retina. Cascasse il mondo, non ne sbaglia uno. Più preciso di Tim Duncan. E voi lì, a sudare trottolando su voi stessi a furia di cross-over e a portare a casa, ogni tanto, un faticosissimo and-one in penetrazione.

Eppure, l’amico tabellone non è da subito un compagno della pallacanestro, così come il suo alleato ferro. Come abbiamo visto, quando James Naismith organizza la prima partita di Basket Ball nel dicembre 1891, utilizza due cestini per raccogliere le pesche come “bersaglio”, un ripiego molo artigianale e curioso rispetto alla sua idea originale: quella di usare, invece, un paio di rudimentali scatole di cartone.

I primi canestri, come abbiamo visto, sono “chiusi” e nemmeno troppo resistenti, come potrete facilmente immaginare: il basket sarà anche un gioco nuovo, divertente e contagioso, ma non particolarmente comodo: dopo ogni segnatura, infatti, l’arbitro è costretto a fermare la partita per recuperare il pallone terminato sul fondo del cesto e rimetterlo in gioco tramite un salto a due (come una contesa) a centrocampo, con ovvii vantaggi per la formazione che può schierare un giocatore più alto e dotato di buona elevazione (no, la palla non va alla formazione che ha subito il punto…).

Non solo, essendo i primi canestri appesi ai ballatoi delle palestre (quello originale di Naismith, posto a 3.05 metri di altezza, ha poi dettato una norma del regolamento) si trovano alla mercé degli spettatori, che possono intervenire dall’alto deviando i tiri o provando a indirizzarli verso il fondo del cesto stesso (a seconda del tifo, chiaro!). Quando si cerca di porre un rimedio appendendoli, invece, direttamente ai muri della palestra, si finisce con l’avvantaggiare i giocatori, che possono, con una specie di mossa da arti marziali, saltare appoggiandosi al muro stesso per avvicinarsi il più possibile al cesto e aumentare la propria percentuale realizzativa (no, il “fuori” come lo intendiamo oggi è ancora lungi dall’essere sdoganato).

La soluzione definitiva, dunque, è quella di porre qualcosa tra i cesti e il pubblico per evitare le interferenze: nasce, così, il tabellone, prima come una rete metallica a maglie esagonali (piuttosto tagliente, diciamo la verità), poi trasformato in una lastra di legno per motivi di sicurezza e infine di plexiglass per agevolare al massimo la visuale da dietro.

I canestri, che passano dagli originali cestini di pesche ad anelli di fil di ferro nel 1892 e poi di ghisa nel 1893, vengono staccati di due piedi dai muri nel 1916 per evitare i “salti” dei giocatori, e di 4 nel 1939, per motivi di sicurezza (cadute e infortuni al capo o agli arti sono all’ordine del giorno…): i primi canestri “aperti” arrivano soltanto nel 1912, quando la retina di nylon viene definitivamente sdoganata, permettendo al pallone di fuoriuscire autonomamente dall’anello dopo ogni segnatura ed evitare così quelle macchinose operazioni di salto a due dopo ogni canestro realizzato.

Per il primo incidente ufficiale, invece, dobbiamo attendere fino al 1946, quando Kevin Joseph Connors, meglio conosciuto come il “Chuck” Connors del grande schermo, protagonista di decine di serie televisive e film di stampo western tra gli anni ’50 e ’70, manda in frantumi un tabellone durante il riscaldamento di una partita dei Boston Celtics (sì, prima di diventare attore è stato anche giocatore di basket e di baseball, vestendo le maglie degli allora Brooklyn Dodgers – oggi Los Angeles – e Chicago Cubs). I ferri molleggiati entrano in vigore molto tempo dopo, negli anni ’80, quando le schiacciate spacca-tabelloni di Darryl Dawkins cominciano a costare troppi quattrini…

sabato 6 dicembre 2014

I PRONOSTICI DI....a cura del Basket Uri Club

Questo pomeriggio, palla a due ore 18, si disputeranno le gare valide per la seconda giornata di ritorno del campionato Regionale di Serie D. Riflettori puntati sulla Palestra di Via Nanni ad Olbia dove si sfideranno la matricola terribile Uri, capolista del girone e con in campo il nuovo acquisto Masu, e l'Olimpia Olbia, sua immediata inseguitrice, che tra le mura amiche non vorrà farsi sfuggire la ghiotta opportunità di portare a due le lunghezze di svantaggio. Delicato l'impegno dell'altra olbiese, la Santa Croce, che sarà di scena ad Oristano contro un Azzurra che fino a questo momento si è rivelata la squadra più imprevedibile del campionato. E' chiamata invece ad una riconferma, dopo la vittoria in casa contro Nuoro, la S.A.A.B. Terralba che con il ritrovato Lobina andrà a far visita alla Mosbi di coach Rotondo. Chiude il programma la sfida tra Nuoro e la Dinamo 2000 dove i ragazzi di coach Moledda cercheranno la seconda vittoria stagionale che può portare morale ed autostima per una squadra troppo giovane per il campionato.

Sarà proprio il coach dei "Sirbones" Marco Moledda a presentarci la giornata odierna.

Nonostante l'ultima posizione in classifica, nelle ultime settimane la sua squadra ha dato dei segnali di risveglio. Cosa c'è ancora che non va negli ingranaggi della sua squadra?

Dobbiamo migliorare ancora molto sulle letture e i tempi dei giochi contro la difesa a uomo, non si può dire altrettanto sulla zona che ci ha sempre messo in difficoltà non riuscendo a trovare mai il ritmo in attacco. A questo si aggiungono le pessime percentuali nei tiri liberi che talvolta ci hanno impedito di vincere le partite.

Questo pomeriggio alla Palestra Coni  ve la vedrete contro la Dinamo 2000. Diciamo che, dato il livello dell'avversario, questa è un'ottima opportunità per confermare la vostra crescita a livello di gioco e di squadra. Concorda?

La Dinamo la considero la squadra che ci ha dato la lezione di gioco più severa in assoluto. Ora noi siamo cresciuti ma solo stasera possiamo vedere quanto.

Dalla scorsa settimana chiediamo il giocatore che vorrebbe con se in squadra e quello della sua squadra che non vorrebbe mai perdere. Lei al riguardo che nomi ci fa?

Nella nostra squadra direi Claudio Moledda perché ci da elevate garanzie su entrambe le zone del campo però devo fare anche il nome di Atzei, un ragazzo che in campo ci mette una furia agonistica che solo lui ha in tutto il campionato. Come avversario scelgo un giovane, anche se nel campionato ci sono veramente tantissimi talenti di categoria superiore penso al roster del Buk e a quello delle due di Olbia ad esempio, quindi dico Matteo Pisu della Dinamo 2000 perché ha veramente la classica mentalità del tiratore.

Ed in una squadra giovane come la sua, ci può dire il ragazzo che secondo lei ha più talento degli altri?

Atzei è un '96 di livello anche per la C, dovrebbe ragionare più da play e lavorare tanto sul tiro. Poi abbiamo Cossu che è un 98 con la giusta mentalità e voglia di lavorare, dotato atleticamente ma ancora un pò acerbo essendo al suo primo anno tra i Senior.

Iniziamo con i suoi pronostici:

MOSBI ANIMAZIONE vs S.A.A.B. TERRALBA     1
Dico 1 a patto che la Mosbi riesco ad attaccare l'area avversaria, punto debole di Terralba.

OLIMPIA OLBIA vs BUK URI      1
Dico Olimpia primo perchè non si può sempre vincere e secondo perchè la squadra di Sciretti, se al completo, è una delle squadre che può fare il colpaccio.

PALLACANESTRO NUORO vs DINAMO 2000     1
Siamo obbligati a vincere. Se non subiamo la loro intensità a tutto campo possiamo farcela perciò 1 obbligato.

AZZURRA ORISTANO vs SANTA CROCE OLBIA    1
Anche qua il fattore campo può dare una grossa mano a chi ha meno talento nel proprio roster. Perciò vado controcorrente e dico 1 a patto che l'Azzurra riesca a mantenere i ritmi alti per l'intera durata della partita.


UFFICIO STAMPA BUK

giovedì 4 dicembre 2014

Una storia vera, una storia di basket

Questa è una storia di sport, ma non ci sono personaggi famosi. Niente stelle NBA, niente supercampioni: solo il basket e un gruppo di ragazzi appassionati.

Siamo in Francia, a un torneo universitario. La competizione è elevata, il torneo è abbastanza prestigioso e poi si sa, i Francesi sono competitivi. Tra tutte le squadre del torneo ce ne è una che è universalmente riconosciuta come la più scarsa di tutte: i suoi giocatori sono pieni di cuore, appassionati di basket, ma mancano quasi del tutto di talento e atletismo. Il capitano è l’unico giocatore di buon livello, una sorta di Kevin Love con l’aspetto di Kurt Rambis.

Al torneo la squadra si presenta con soli sei giocatori, un allenatore e qualche tifoso. Esami, lezioni e casini vari fanno sì che, di tutte le squadre presenti, quella più scarsa sia anche quella con meno giocatori. Si gioca su due soli tempi di gioco, ma gli altri hanno rotazioni, fisico e centimetri, i nostri solo tanta buona volontà.

La prima partita passa quasi sotto silenzio, una sconfitta pesante in cui il capitano è l’unico a segnare. La seconda gara si preannuncia anche peggio: gli avversari ovviamente non sono la seconda squadra più scarsa del torneo, una con cui potrebbero avere una possibilità, ma i favoriti. Già questo basterebbe per fiaccare il morale di chiunque, ma dato che se sei sfigato la sfiga si diverte ad accanirsi, nella prima partita si sono infortunati due giocatori. Caviglia e ginocchio, fuori di sicuro per la partita successiva. I nostri si ritrovano così in quattro, con la prospettiva di non poter giocare.

La loro passione è tale che, pur di scendere in campo, sono disposti a tutto. Così trovano un quinto giocatore: il loro primo tifoso, che li segue ovunque vadano, un grande appassionato di basket che, per fare un favore ai suoi amici, si allaccia le scarpette e scende in campo al loro fianco. Niente di particolare – di storie come questa se ne vedono mille nei tornei amatoriali – se non fosse per un dettaglio: il primo tifoso è un nano, e non nel senso che è particolarmente basso. E’ un ragazzo affetto da nanismo, con una passione gigante per questo gioco, una passione che non ha mai potuto però mai mettere in pratica in una partita ufficiale. Fino a oggi.

La partita inizia, e i nostri vanno subito sotto. Gli avversari giocano piano, non si sprecano più di troppo, ma dopo il primo tempo sono già 30-8. Il capitano lotta, fa coraggio ai compagni, ma la sfida sembra senza speranza. Il tifoso si sbatte, ruba anche un paio di palloni, ma la sua impotenza rappresenta quella della sua squadra.

Nel secondo tempo, però, cambia qualcosa: il capitano si carica la squadra sulle spalle, e riporta i suoi a una distanza più accettabile, 41-36. Mancano solo cinque minuti, quando il capitano ruba palla e lancia un suo compagno in contropiede. Arresto e tiro da sotto canestro, molto anni Cinquanta, e appoggio facile al tabellone. Gli avversari cominciano a preoccuparsi, cercando di giocare duro, ma ormai i nostri sono in trance agonistica. Difendono l’area con le unghie e con i denti, improvvisando una zonaccia bulgara d’altri tempi, e costringono gli avversari al tiro da fuori: sbagliato, e rimbalzo preso dal capitano. Palla al play, e si va dall’altra parte.

Gli avversari collassano tutti sul capitano, impedendogli la ricezione. Il play esita, ferma il palleggio e viene aggredito. Sta per perdere la palla, quando vede il tifoso nell’angolo, solo. Lancia la palla nella sua direzione, e il tifoso la prende. Ci mette un secondo per realizzare cosa sta succedendo, poi si prepara al tiro. Il centro avversario recupera verso di lui e, per la prima volta da inizio partita, prova seriamente a fermarlo. Il tifoso lascia andare la palla. Il centro avversario salta, la mano protesa verso l’alto, ma la palla passa appena sopra alle sue dita. Il palazzetto è tutto in silenzio: so che sembra retorico, ma era così, una cosa surreale. La palla, lentamente, comincia a scendere, e finisce dentro il canestro sfiorando appena la rete. 55 pari.

Il tifo esplode, i compagni pure. Solo il tifoso e il capitano rimangono concentrati, e tornano rapidamente in difesa. Mancano 15 secondi. Il miglior giocatore avversario si alza dalla panchina, su cui era seduto da almeno sei minuti, e si fa passare la palla. Prova a penetrare, ma deve fermarsi perchè l’area è intasata. Fa per girarsi, quando qualcuno gli ruba la palla di mano, usando tutta la forza che ha in corpo. Il tifoso palleggia in avanti, poi vede il capitano vicino a lui e lo serve. Tre secondi. Supera la metà campo. Due secondi. Arriva alla linea da tre. Un secondo. Tiro in sospensione, fuori equilibrio. Parabola perfetta, ciuffo. 58-55.

Non vi parlerò del dopo partita, del delirio di tutti i presenti, della felicità dei nostri, della luce negli occhi del tifoso, una luce che rifletteva qualcosa di più della vittoria. Non serve. Credo che questa storia possa parlare da sola.

Solo amicizia passione e sudore ti fa capire l'amore per il basket.

( We love this game 1980)

Antonello Civiletti

mercoledì 12 novembre 2014

Essere o dichiararsi Allenatori di Basket

Nell’85 quando feci in Sicilia,  il primo corso per allenatore di basket mi fu donato questo piccolo e rapido vademecum sul cosa fare o pensare in un campo di basket, forse troppo rapido ma sempre attuale, in questi anni spesso ho lanciato un’occhiata a questo foglio (scritto dal grande allenatore Americano John Robert Wooden. Il primo tra i coach che è stato riconosciuto il più grande allenatore in campo giovanile), quasi per ricordarmi che nessuno mi ha obbligato a passare il mio tempo libero nei campi da basket, tra i giovani, e quindi se la passione venisse meno la cosa più facile potrebbe essere trasformare la mia voglia di basket in un ricordo.

PERCHÉ FARE L’ALLENATORE DI SETTORE GIOVANILE  (John Robert Wooden)

Prima di allenare gli altri bisogna saper allenare se stessi, quindi è indispensabile avere passione e competenza. Nel basket, come negli altri sport collettivi, la vittoria o la sconfitta, non sono mai solamente frutto del caso. Se vuoi sapere perché i tuoi ragazzi non producono risultati, fermati un attimo, vai di fronte allo specchio e guarda. Nella maggior parte dei casi, la causa più grande del problema ti sta guardando dritto negli occhi.  Ricorda sempre di dare il giusto valore a ciascuna epoca della crescita di un giovane.
Chi decide di dedicare il proprio tempo per allenare i ragazzi deve avere una forte passione per il gioco, poiché tale attività non ha immediate gratificazioni dal punto di vista economico e, molto spesso, bisogna attuarla in condizioni di disagio, quali: la gestione di un gruppo troppo numeroso e non omogeneo, la mancanza di strutture e attrezzature, la scarsa assistenza da parte delle Società, ecc... E la passione che fornisce la benzina per superare le difficoltà e le delusioni che qualsiasi allenatore incontra nel corso della stagione. Basti pensare, ad esempio, quando si riscontra che i propri allievi non progrediscono, oppure, quando si deve convivere con evidenti limiti tecnici che incidono sul gioco e sui risultati (e ciò solo per citare alcune delle numerose difficoltà in cui l’allenatore può imbattersi).  Sono invece le soddisfazioni intime, derivanti dall’osservazione dell’influenza positiva che l’allenatore ha sui ragazzi, il vederli migliorare o vincere gare importanti, contenti di superare le difficoltà incontrate, che alimentano il serbatoio di nuova carica e che permettono di continuare l’attività con rinnovato entusiasmo. Anche le gratificazioni derivanti dai riconoscimenti sul proprio operato da parte dei dirigenti, oppure dalle offerte per svolgere l’attività in ambiti più importanti o, ancora, da un maggior livello economico; forniscono altro combustibile alla passione. Chi svolge un lavoro che interessa le attività sportive dei giovani è, sicuramente, impegnato in un compito delicato, perché con la sua “azione” influenza direttamente la formazione psico-fisica dei soggetti a lui affidati, incidendo direttamente sulla loro personalità. 
L’arte di allenare è una qualità che si manifesta nel tempo, ma che trae origine da un potenziale che il soggetto già possiede, rappresentato in larga misura dalle caratteristiche della sua personalità. Colui che si accinge a svolgere un ruolo tanto delicato come quello di allenare i giovani cestisti deve possedere molti requisiti. Tra questi, alcuni basilari potranno solo essere migliorati, altri, invece, potranno essere appresi ex novo.  

Qualità intrinseche che possono essere solo migliorate 

• Passione per il basket
• Capacità di trattare con dei ragazzi
• Equilibrata struttura della personalità
• Carisma
• Capacita di motivare
• Capacità di osservare

Qualità che si possono apprendere 

• Capacità dimostrative
• Capacità di organizzare
• Capacità di comunicare
• Conoscenze tecniche e tattiche
• Conoscenze metodologiche e didattiche
• Capacità di analizzare la gara

Antonello Civiletti


lunedì 16 giugno 2014

Legabasket deve fare di più per il basket

C'è bisogno di una Legabasket che pensi a curare il prodotto. Che sia il basket?

Speriamo che con l'elezione di Ferdinando Marino Legabasket possa cominciare a chiudere un lungo periodo di involuzione e cominci a pensare non più a sè stessa, come centro di potere più o meno occulto, come ha fatto fino a oggi, ma alla sua mission: essere il protagonista della organizzazione e della promozione del basket di primo livello. La mancanza di risorse, a cascata a tutti i livelli, dipende molto dalla crisi economica. Ma se la crisi fa un baffo al mondo del pallone, e i dati della audience di stanotte per la partita Italia-Inghilterra ai Mondiali in Brasile non faranno fatica a confermarlo, potrebbe voler dire che i danni si sono fatti in casa, da soli, per trascuratezza e dabbenaggine.

La programmazione mondiale degli avvenimenti sportivi di sabato 14 giugno (si badi bene: mondiale) aveva lasciato un buco pesante nella relativa programmazione

sabato 29 marzo 2014

Tiri liberi cambia veste, la Virtus madrina della nuova serie

Notizia per gli appassionati di BASKET: MARTEDI' prossimo, alle 22.30, subito dopo la telecronaca di Banco-Montegranaro, parte la nuova stagione di TIRI LIBERI. Iniziamo in ritardo perchè la Dinamo era impegnata in Eurocup. Il programma cambia veste. Non più chiuso in un ambiente classico, come quello dello studio televisivo, ma più fresco, giovanile. Ogni puntata, infatti, sarà ospitata sui campi da gioco di varie società isolane, con i bambini, dirigenti e coach che ci aiuteranno anche a lanciare i servizi. Chiaramente l'attenzione massima sarà riservata alla Dinamo, ma cercheremo di coinvolgere un pò tutti. La prima puntata sarà girata alla Virtus Cagliari

Andrea Sechi

martedì 24 dicembre 2013

Il Minibasket e il basket giovanile in Messico – Dal clinic del Prof. Mondoni

Dopo Colombia (2 volte), Uruguay e Cile Il prof. Maurizio Mondoni chiude il 2013 con una serie di Clinic di Minibasket e basket giovanile in Messico, organizzati dal prof. Ivan Jimenez Aguilar (Baloncesto Logico).

L’avventura messicana è durata 10 giorni: il 15 dicembre trasferimento in aereo da Milano Malpensa a Madrid, arrivo a Città del Messico e 600 km. in bus per arrivare a Oaxaca de Juarez, sede del primo Clinic.

Alla presenza degli Istruttori del Club Minibasket “Le linci” (campo all’aperto e fondo in asfalto), il prof. cremonese ha presentato il primo giorno (17/12) alcuni esercizi e giochi di Minibasket per i bambini/e dai 6 agli 8 anni (con la palla, con i coni, con i cerchi).

Perfetta la traduzione del prof. Facundo Burgos che è stato il “bodyguard” di Mondoni per tutto il periodo in Messico.

Questo tipo di lavoro è stato una novità perché in Messico a questa età si lavora sul perfezionamento dei fondamentali, si gioca 5 contro 5 e si organizzano tornei.

Dopo una splendida visita al sito archeologico precolombiano Zapoteco (Collina Sacra) di Monte Alban e al primo campo di pelota (si pensa che sia l’origine della pallacanestro), il secondo giorno (18/12) con i bambini di 9-10 anni ha presentato esercizi e giochi con la palla, seguendo una corretta progressione metodologica d’insegnamento (dall’1 contro 1 al 3 c 3 in forma libera).

Anche questo tipo di lavoro è stato molto apprezzato dagli Istruttori presenti, che tra l’altro erano in possesso del libro edito dalla F.I.B.A. con la parte relativa al Minibasket del prof. Mondoni.

In Messico non esiste un Comitato Nazionale Minibasket che organizza l’attività Minibasket, ogni Lega (in Messico esistono 3 Leghe) organizza tornei e gare fissando regole ogni volta differenti.

A livello giovanile si organizza un grande torneo giovanile dove per essere ammessi a giocare non si deve superare una linea tracciata sul muro (es. la linea si fissa a 1.70 mt. e chi la supera non può giocare).

Molti bambini messicani dai 6 ai 10-11 anni presentato delle carenze dal punto di vista motorio (poca coordinazione ed equilibrio), gli Istruttori correggono poco e purtroppo in molti Centri Minibasket si gioca con pallone regolamentare e canestro a mt. 3.05 (così si abituano subito ha detto qualcuno!).oaxaca3

Da Oaxaca, sempre in bus (altre 5 ore) trasferimento  a Cuernavaca (capitale dello Stato di Morelos, definita la città dell’eterna primavera) presso il Centro Sportivo “Unidad Deportiva Revolucion” e Clinic organizzato presso il Centro Cuernavaca Morelos, in compagnia del prof. Franco Pinotti (Scout ACB): palestra coperta, fondo in parquet, una ventina di Istruttori presenti.

Il prof. Pinotti ha lavorato con una squadra giovanile sul tiro (posizione dei piedi, meccanica, coordinazione) e sul metodo di insegnamento del basket a livello “under 17”, mentre il prof. Mondoni ha presentato una progressione didattica di insegnamento del Minibasket per un gruppo di bambini dai 9 agli 11 anni: gioco-base, osservazione, lavoro analitico e ritorno al gioco-base.

Ha poi presentato una serie di esercizi in sovrannumero e sottonumero e idee di attacco e di difesa.  

Nella lezione teorica ha presentato l’importanza dell’educazione e dello sviluppo delle capacità motorie individuali in funzione del miglioramento della tecnica.

Sono state due giornate (19-20 dicembre: mattino e pomeriggio) molto interessanti per gli Istruttori presenti che hanno apprezzato molto il lavoro presentato dai due coaches.

In Messico non si organizzano Corsi di formazione per Istruttori Minibasket e a livello giovanile, ognuno è autodidatta, va su Internet, si aggiorna, ogni tanto arriva un coach americano che parla di tecnica e così via.

Il Minibasket si pratica nella Scuola Primaria e nei Club: non è molto organizzata l’attività Minibasket, anche se si organizzano grandi manifestazioni con la partecipazione di molte squadre (purtroppo miste, con età differenti, ma……con gli arbitri a pagamento!).

A livello Minibasket ciascuna Lega organizza tornei regionali di 1° livello (5 c 5 a 8-9 anni) e di 2° livello (5 c 5 a 10-11-12 anni), idem a livello giovanile.

Il basket in Messico è molto importante e l’attività è gestita dalla Federazione messicana di pallacanestro sotto l’egida di FIBA Americas. Nel 2013 la nazionale messicana maschile di basket ha vinto la Coppa America battendo in finale il Porto Rico.

Da Cuernavaca, ultimo Clinic a Città del Messico (chiamata ufficialmente Mexico D.F.) presso il Centro Sportivo Moctezuma (21-22 dicembre) e lavoro con una squadra femminile “under 17” (mattino e pomeriggio). Pochi gli Istruttori presenti, anche perché in questo periodo in Messico di organizzano delle manifestazioni denominate “Olimpiadi” e quindi i professori sono impegnati con le loro squadre.

Ragazze molto forti fisicamente, atleticamente ben preparate, ma con poche basi tecniche.

Gli Istruttori correggono poco, per loro basta vincere, invece il potenziale è molto alto e sarebbe molto meglio insistere sulla correzione degli errori (poco utilizzo del piede perno, sconosciuto il movimento arresto-passo e tiro, etc.).

Alla fine del faticoso tour, visita alla città (piramidi Atzeche, Cattedrale, Museo Nazionale, Palazzo delle Belle Arti, etc.) e poi ritorno in Italia con la consapevolezza di aver contribuito al miglioramento del Minibasket messicano!

Prof. Maurizio Mondoni

Fonte: Dailybasket


giovedì 12 dicembre 2013

L’Istruttore Minibasket



Oggi essere Istruttori Minibasket significa sostanzialmente possedere le conoscenze e le competenze irrinunciabili e indispensabili per agire nell’ambito di un progetto educativo-sportivo (gioco-sport) dedicato ai bambini dai 5 agli 11 anni.


Si è ottimi Istruttori Minibasket non tanto perché si possiedono e si esercitano le teorie (conoscenze) e le procedure (abilità) necessarie per svolgere il proprio lavoro in modo eccellente, quanto perché queste sono il nostro attuale modo di essere.

La figura dell’Istruttore Minibasket è sicuramente cresciuta in questi anni, sono migliorate le conoscenze e la professionalità di chi opera in palestra con i bambini e l’Istruttore è diventato il punto di riferimento di tutto il movimento Minibasket.

Il significato di Istruttore come Educatore, la consapevolezza della rilevanza dell’intervento nel processo formativo del bambino da parte del “bravo” Istruttore, è nella speranza di tutti ed è il frutto di un grande impegno per quanto riguarda la formazione e l’aggiornamento degli Istruttori.

Chi non condivide o non capisce il significato di “educare” e continua a utilizzare il Minibasket come mezzo per realizzare delle proprie personali egoistiche aspettative è “fuori” dal movimento.

Cosa significa Insegnare-Educando?

•Istruttore: colui che istruisce, trasmette e insegna i contenuti di una disciplina sportiva.
•Educatore: colui che educa specificatamente per dovere morale, trasmettendo e insegnando gli elementi fondanti del vivere con gli altri.

La figura dell’Istruttore-Educatore Minibasket delinea colui che attraverso il gioco-sport del Minibasket riesce a far “tirar fuori” al bambino tutte le sue potenzialità.

Come Istruttore educa il bambino al movimento, sviluppandone le capacità motorie e le abilità annesse, specifiche del Minibasket e come Educatore lo educa attraverso il movimento, sviluppandone le funzioni cognitive, affettive, emotive motorie e organiche.

Istruttori-Educatori si nasce o si diventa?

Ambedue le cose, si nasce nel momento in cui si possiedono già le motivazioni e le inclinazioni tali da promuovere un determinato tipo di apprendimento e lo si diventa nel momento in cui deve “formarsi” per acquisire le capacità di promuovere l’apprendimento di determinate competenze.

Insegnare-Educando significa realizzare un percorso didattico gratificante e ricco di interesse. Chi lavora e si impegna con i bambini deve far emergere i concetti di crescita e di formazione, concetti ben più importanti di una vittoria o di una sconfitta.

Insegnare ai bambini è difficile e richiede capacità, conoscenze e competenze.

I requisiti per essere un buon Istruttore Minibasket sono:

•motivare i bambini ad apprendere;
•insegnare ai bambini ad utilizzare il corpo durante le lezioni e le partite;
•insegnare ai bambini ad utilizzare la testa durante il gioco;
•rispettare il Regolamento di gioco.

L’Arte di insegnare

L’Istruttore deve avere pazienza e attendere con fiducia che si realizzi un corretto processo di crescita dei bambini. Per insegnare Minibasket bisogna essere persone “vere” che prendono a cuore con onestà ed entusiasmo il processo educativo e formativo dei bambini.

L’Istruttore Minibasket deve essere in grado di insegnare, deve utilizzare il giusto metodo di insegnamento al momento opportuno, deve conoscere il gioco e il Minibasket.

Non conta quanti esercizi-gioco o giochi conosce, è molto più importante che presenti una corretta progressione didattico-metodologica di insegnamento e che abbia ben chiari i concetti e i contenuti di ciò che intende insegnare.

Organizzare le lezioni, programmare il proprio lavoro, definire gli obiettivi, adattare e modificare i contenuti delle lezioni, significa porre una continua attenzione ai diversi aspetti che determinano l’apprendimento e lo sviluppo delle capacità motorie dei bambini.

Per intervenire in modo positivo sul processo formativo del bambino, l’Istruttore deve essere costantemente informato e attento a quanto accade durante la lezione, deve correggere al momento opportuno e in modo corretto.

Durante la partita 

La partita è molto importante per i bambini, la sognano, la aspettano, è come un rito magico per loro.

Ai bambini si deve concedere l’errore durante il gioco, evidenziare un errore non significa punire un errato comportamento legato spesso ai diversi ritmi di apprendimento dei bambini; è nell’efficacia della correzione che molto spesso si differenziano il buono e il cattivo Istruttore-Educatore.

Oltre che osservare il gioco, l’Istruttore Minibasket deve anche ascoltare i bambini, deve esser pronto e disponibile, attento a cogliere le difficoltà e i problemi che a volte li affliggono.

L’Istruttore non deve inventarsi sociologo o psicologo, deve aggiornare continuamente le proprie conoscenze e confrontarsi spesso con altri Istruttori: il sapere dell’Istruttore, il conoscere ciò che insegna il saper osservare e ascoltare i bambini non è sufficiente.

Insegnare significa comunicare con i bambini, entrare in relazione con loro (empatia), tenendo presente che non è possibile non comunicare, perché il comportamento umano in situazione di relazione-interazione con gli altri ha sempre un valore di comunicazione (è importante come si comunica, non cosa si comunica).

Un bravo Istruttore deve rispettare gli avversari, il Miniarbitro, il Regolamento, ma troppe volte dimentica questi aspetti, concentrando troppo la propria attenzione sulla vittoria della propria squadra. 


Prof. Maurizio Mondoni

Fonte: Dailybasket

giovedì 21 novembre 2013

Minibasket: Maurizio Mondoni in Colombia

Il Prof. Mondoni con il gruppo colombiano
Dopo le esperienze nelle ex Repubbliche Russe, in Europa, Africa, Asia, Stati Uniti, Argentina, Colombia, Venezuela, Qatar, Uruguay e Cile il prof. Maurizio Mondoni ha tenuto, assieme al prof. Alejandro Orbelli (Argentina), alcune lezioni teoriche e pratiche al 2° Seminario Internazionale di Basket Educativo e Formativo, che si è tenuto a Santiago de Cali (Colombia) dal 13 al 17 novembre.
Il Seminario, dal titolo “Minibasket: metodologia dell’insegnamento”, è stato patrocinato dalla Federazione Colombiana di Pallacanestro, dalla Lega Vallecaucana di pallacanestro e dalla Fondazione Mondoni.
Il Seminario si è tenuto presso il Coliseo Evangelista Mora di Cali e ha visto la partecipazione di Insegnanti di Educazione Fisica, Istruttori Minibasket e Allenatori di pallacanestro colombiani.
Il prof. Mondoni ha presentato due lezioni teoriche dal titolo “Aspetti motori e metodologici nella formazione dei bambini dai 6 agli 11 anni” e “Minibasket: metodologia dell’insegnamento” e due lezioni pratiche in palestra dal titolo “Minibasket: dall’1 c 1 al 3 c 3 in forma libera” e “ Esercizi semplificati: idee di gioco in attacco e in difesa a 11-12 anni”.
Il prof. Alejandro Orbelli ha presentato una lezione teorica dal titolo “Sviluppo della motricità di base attraverso l’insegnamento del Minibasket” e due lezioni pratiche dal titolo “I giochi per lo sviluppo dei fondamentali nel Minibasket”.
Il chairman del Seminario è stato il colombiano Carlos Fernando Garcia.
Grande è stato l’interesse dei partecipanti, numerose sono state le domande relative alla conoscenza di nuove metodologie di insegnamento.
Nei tre giorni del Seminario abbiamo notato una notevole voglia di migliorare, di crescere e di migliorare.
Partirà a breve un progetto, promosso da Mondoni, Garcia e Harvin, che si chiama “Un canestro per la vita”, che cercherà di avvicinare i bambini e le bambine di Cali al Minibasket, che li toglierà dalle strade e dai pericoli. Insomma c’è la voglia di migliorare il rispetto verso i bambini, di educare il comportamento degli Istruttori che non devono comportarsi da grandi allenatori ma da Educatori.
I bambini/e colombiani sono fantastici, hanno voglia di migliorare, di giocare, di divertirsi, di apprendere giochi nuovi e di essere rispettati dagli adulti.
Sono moltissime le bambine che giocano a Minibasket, rispetto ai maschi che preferiscono il football.
Vicino alla città dello sport di Cali c’è una grande piazza in asfalto, ci sono tantissimi campi di basket, tutti giocano, dai bambini ai giovani e agli over 40-50-60: partite di 3 c 3, 5 c 5 e tanta voglia di divertirsi.
Il Minibasket in Colombia è gestito dal Comitato Nazionale Minibasket ed è articolato secondo i regolamenti FIBA Minibasket.
Le partite di Minibasket si giocano 5 c 5, si articolano in 4 periodi di 10’ ciascuno e si disputano tra i Club a concentramento.
Poca tecnica, ma tanta voglia di correre, di saltare, di stare assieme, questo deve essere il Minibasket, questa deve essere la strada da perseguire, che non vuole creare solo dei campioni nel basket, ma plasmare anche in futuro cittadini migliori che hanno trascorso la fanciullezza giocando e divertendosi.

Fonte: Dailybasket

giovedì 25 luglio 2013

“Il minibasket in Spagna”

“Entendemos el Minibasket como Promocion del Baloncesto, y como un juego”.

“Intendiamo il Minibasket come la promozione della Pallacanestro e come un gioco”.

Con queste parole è definito il Minibasket in Spagna e la struttura che lo gestisce è la Commissione Federale della Federazione Spagnola di Pallacanestro, composta da 20 rappresentanti (uno per Regione ed uno nominato dalla Federazione Spagnola di Pallacanestro).

La Spagna è suddivisa in 19 regioni e ogni regione è autonoma e ha un proprio regolamento di gioco del Minibasket.

L’attività specifica di Minibasket inizia a 8 anni e termina a 11 anni ed è svolta nelle Scuole e nei Club di base.

L’attività di Minibasket (tornei di 3 c 3 e di 5 c 5 nelle piazze e negli spazi pubblici) è gestita autonomamente (è possibile reperire Sponsor) dalle singole province di ciascuna regione (nelle Scuole di Minibasket e nei Club di base) ed ogni anno si organizza una Festa Nazionale Minibasket (Jamboree) con la partecipazione di squadre provenienti dalle 19 Regioni ed è supportata economicamente della Federazione Spagnola di Pallacanestro.

I migliori giocatori/trici della festa Nazionale Minibasket sono successivamente seguiti e allenati (programma della scoperta dei talenti).

La Commissione Federale Minibasket organizza nelle singole regioni Corsi di formazione per Educatori-Minibasket e a livello nazionale Corsi di formazione per Allenatori Iniziali di Pallacanestro; le partite sono arbitrate da Arbitros-Amigos (Arbitri-Amici).

Le categorie (m. e f.) Minibasket in Spagna sono le seguenti:

-         Benjamin 1° anno: 8 anni

-         Benjamin: 9 anni

-         Preminibasket: 10 anni

-         Minibasket: 11 anni

Tutti i bambini/e sono tesserati presso la Federazione Spagnola di Pallacanestro.

Il Regolamento di gioco è diverso da quello proposto dalla FIBA Minibasket e in linea di massima è così articolato:

-         minimo 8 giocatori/trici, massimo 12; con 5-6-7 giocatori/trici la partita si gioca ugualmente “pro forma”;

-         le squadre possono essere maschili, femminili o miste;

-         6 tempi di gioco (si cambia campo dopo 3 tempi) della durata di 8′ ciascuno (1′ di riposo tra ogni tempo, 3′ di intervallo dopo 3 tempi);

-         se il risultato al termine dei 6 tempi è in parità, si fanno disputare tanti tempi supplementari (della durata di 5′ ciascuno) fino a quando il risultato di parità non verrà risolto (1′ di intervallo prima del primo tempo supplementare e 1′ di intervallo tra ogni tempo supplementare;

-         in alcune Regioni è ammesso il risultato di parità;

-         ogni bambino/a deve giocare almeno 2 tempi interi;

-         ogni bambino/a può giocare al massimo 4 tempi interi;

-         le sostituzioni sono permesse solo nel sesto tempo e nei tempi supplementari;

-         se durante la partita vi sono 30 punti di differenza tra le due squadre la partita viene sospesa;

-         è possibile chiedere un solo minuto di sospensione per tempo per ciascuna squadra;

-         se alla partita si presentano 12 giocatori/trici devono giocare tutti;

-         si ferma il cronometro solo nell’ultimo tempo;

-         non esistono: la regola di metà campo, i tiri da 3 punti, il bonus dei falli;

-         se l’Arbitro ravvisa che una squadra non vuole concludere a canestro, conta 10″ ad alta voce e poi il possesso di palla passa all’altra squadra;

-         è obbligatoria la difesa individuale a tutto campo e a metà campo;

-         è vietata la difesa a zona, sono vietati gli aiuti difensivi e i raddoppi.


Prof. Maurizio Mondoni

Fonte: Dailybasket

martedì 16 luglio 2013

Lezioni di minibasket : “Il minibasket in Francia”


Il Minibasket in Francia ha avuto negli ultimi anni una notevole esplosione su tutto il territorio e di conseguenza, la Federazione Francese di Pallacanestro, ha investito molto (risorse, idee, uomini) in questo movimento.

La Commissione Federale della Federazione Francese di Pallacanestro, che si interessa del Minibasket e dell’attività giovanile, è composta da un Presidente e da sette Responsabili di gruppo:



-         gruppo delle Scuole Francesi di Minibasket

-         gruppo di Documentazione,

-         gruppo delle Feste di Minibasket

-         il gruppo di Ricerca

-         il gruppo Commissione Giovani

-         il gruppo di Comunicazione

-         il gruppo “Forum” Nazionale di Minibasket

Fanno parte, inoltre, di questa Commissione:

-         un rappresentante della Direzione Tecnica

-         un rappresentante del Consiglio Federale dei Giovani

-         un rappresentante dell’Associazione Allenatori.

Ogni gruppo di lavoro ha a disposizione un budget di denaro per finanziare le singole attività.

In ogni Dipartimento (i Dipartimenti in Francia sono 95) la Federazione Francese ha nominato un Responsabile Tecnico, che organizza e dirige tutta l’attività dei Club di Minibasket, fornisce le indicazioni tecniche da seguire, controlla l’attività degli Istruttori, “riconosce” e premia i Centri Minibasket che seguono le indicazioni tecniche e organizzative ricevute (riconoscimento di Centri Minibasket sperimentali).

Ogni due mesi tutti i Responsabili Tecnici Minibasket dei Dipartimenti si riuniscono per analizzare l’attività svolta, per apportare eventuali correttivi, per fornire nuove idee e per espandere ulteriormente il movimento sul territorio.

Il 15 maggio di ogni anno, in tutti i Dipartimenti della Francia, la Federazione organizza la Festa Nazionale di Minibasket, con la partecipazione di tutti i bambini/e dei Centri Minibasket territorialmente competenti ed ogni bambino riceve un regalo.

Ogni Dipartimento organizza la giornata: gare di palleggio, di tiro, di passaggio, incontri di 3 c 3 e di 5 c 5, le squadre sono miste e le partite sono dirette da Miniarbitri.

Dal 1999, settanta Dipartimenti hanno organizzato e propagandato l’attività Minibasket nella Scuola Elementare e ogni Scuola che ha aderito all’iniziativa, ha ricevuto dalla Federazione Francese di Pallacanestro materiale tecnico (canestri, palloni) ed un aiuto finanziario.

Gli obiettivi della Commissione Federale, che si riunisce una volta al mese, sono: 

-         incentivare il Minibasket su tutto il territorio nazionale, attraverso la propaganda  nelle Scuole Elementari

-         costituire nuovi Centri Minibasket nelle scuole

-         organizzare  Manifestazioni regionali e nazionali

-         formare, attraverso appositi Corsi residenziali, gli Animatori di Minibasket che devono operare nelle Scuole e nei Centri Minibasket

-         produrre manuali tecnici, video,  CD-ROM.


Le categorie Minibasket in Francia sono le seguenti:


-         Baby-Basket (6 anni)

-         Mini Poussin(e)s (7-8 anni)

-         Poussin(e)s (9-10 anni)

I bambini/e praticanti il Minibasket su tutto il territorio francese nel sono più di 400.000.

Ogni Dipartimento organizza, oltre alle Feste, Tornei di 3 c 3 (a metà campo) per le categorie Baby-Basket e Mini Poussin(e)s e Tornei di 3 c 3 (a metà campo) e Tornei di 5 c 5 per la categoria Poussin(e)s (squadre miste).

Il Regolamento dei Tornei di 3 c 3 e di 5 c 5 (che si giocano a livello regionale e di dipartimento) è quello fissato dalla F.I.B.A. Minibasket, adattatto alle diverse categorie.

Prof. Maurizio Mondoni

Fonte: DailyBasket 

giovedì 11 luglio 2013

Il minibasket in Europa

Nonostante la filosofia stabilita e fissata in questi ultimi anni dalla F.I.B.A. Minibasket, il Minibasket in Europa è “gestito” e giocato in modi differenti.

Questo si può notare, in principal modo, assistendo ai diversi Tornei Internazionali Minibasket che sono organizzati in Europa: tipi di giochi in attacco, difese attuate, comportamento in panchina degli Istruttori.

Tutto molto simile alla grande pallacanestro, ma con un’enorme differenza che i praticanti non sono giocatori, ma bambini e bambine nel “vero” senso della parola.

Schemi di gioco rigidi e organizzati, niente è lasciato alla creatività, le correzioni sono continue, i rimproveri non si contano e tutto deve essere perfetto.

In alcuni Paesi europei il Minibasket inizia a 5 anni e termina a 11 (Italia, Francia in primis), in altri inizia a 8 anni e termina a 12, possono andare in panchina a dirigere le squadre Minibasket anche gli Allenatori, il Regolamento di gioco in molti Paesi è molto simile a quello del “grande basket” (8″ per passare la metà campo, violazione della metà campo, 24″, tiro aggiuntivo su canestro realizzato e fallo subito, tiro da 3 punti, difesa a zona), si disputano i Campionati Nazionali (Russia, Slovacchia, Polonia, Belgio, Ungheria, etc.) e per partecipare ai Tornei si formano selezioni nazionali: mi sembra un po’ troppo per i bambini e le bambine di quest’età!

In alcuni Paesi si organizzano Corsi di formazione per gli Istruttori Minibasket (Italia, Francia, Ungheria, Portogallo), con uno studio specifico sull’area biologica, psico-pedagogica, metodologica e tecnica e relativi corsi d’aggiornamento.

In altri Paesi basta essere Allenatori di pallacanestro per guidare le squadre Minibasket, o essere Insegnanti di Educazione Fisica, o essere stati giocatori di pallacanestro di un certo livello.

Alcune Federazioni europee hanno al loro interno un Dipartimento specifico che s’interessa dell’attività Minibasket (Italia, Spagna, Russia, Francia, Inghilterra, Belgio, Slovacchia, Ungheria) e organizza Feste Minibasket, Tornei, Jamboree nazionali e regionali, formazione dei Miniarbitri (Italia, Francia, Inghilterra), attività scolastica e relativi tornei.

Altre Federazioni considerano poco l’attività Minibasket sul territorio e se ne disinteressano quasi completamente, lasciando l’iniziativa ai singoli Istruttori, Allenatori o Insegnanti.

Il Minibasket in ogni Paese è frutto di una cultura, di tradizioni, ma dovunque, secondo noi e secondo la F.I.B.A. Minibasket, dovrebbe essere “un servizio” offerto ai bambini/e per “crescere”, per giocare assieme, per educare e sviluppare le capacità senso-percettive, gli schemi motori e posturali, le capacità e le abilità motorie, per conoscere i fondamentali del Minibasket, il Regolamento di gioco, rispettare gli avversari e divertirsi.

In molti Paesi i fondamentali di gioco sono insegnati analiticamente sin dalla più tenera età, non è dato spazio alla creatività e alla fantasia motoria, l’Istruttore è poco Educatore ma tanto tecnico.

Invece, secondo noi, il bambino deve “giocare” a palleggiare, a tirare, a passare, a smarcarsi, a difendere, nello spazio e nel tempo, con e senza palla, cercando di migliorarsi sempre, seguendo i consigli dell’Istruttore (capacità di gioco).

In palestra l’Istruttore deve presentare ai bambini esercizi-gioco avvincenti, divertenti, interessanti e non esercizi mutuati da grandi Allenatori.

Solo dopo che un bambino ha capito a che cosa serve un gesto o un movimento, si può iniziare a lavorare per affinargli e migliorare la tecnica esecutiva.

In questi ultimi anni il sottoscritto si è recato in molti Paesi Europei e non, sia come Istruttore F.I.B.A che su invito delle Federazioni di Basket, per cercare di diffondere una corretta cultura motoria e sportiva relativa al Minibasket (Ungheria, Slovacchia, Rep. Ceca, Malta, Polonia, Finlandia, Inghilterra, Francia, Svizzera, Islanda, Germania, Qatar, Gibilterra, Tunisia, Marocco, Turchia, Grecia, Spagna, Georgia, Armenia, Bielorussia, Moldavia, Albania, Islanda, Estonia, Kossovo, Arzebajan, Colombia, Argentina, Uruguay, Chile) e le lezioni teoriche e pratiche hanno suscitato tra i presenti interesse e curiosità.

Ai Corsi e ai Clinic Minibasket (della durata di una settimana) hanno partecipato molti Istruttori, Allenatori, ex giocatori, Insegnanti di Educazione Fisica, Maestri, e tutti si sono impegnati per cercare di conoscere ed imparare nuove metodologie di insegnamento in relazione alle diverse età dei bambini.

Questo “nuovo” modo di insegnare il Minibasket ha inciso profondamente sulla formazione degli Istruttori di questi Paesi e le diverse Federazioni hanno iniziato a prendere “seriamente” in considerazione il “fenomeno Minibasket”, non considerandolo la pallacanestro dei bambini, ma qualcosa di importante e di serio per i bambini!

Vogliamo un Minibasket per tutti, senza selezioni assurde, un Minibasket vero, dove tutti i bambini possano avere la possibilità di realizzare un canestro, di effettuare un buon passaggio o un buon tiro, di battere l’avversario, di difendere, di attaccare e di verificare quanto una persona vale nella vittoria e nella sconfitta.

Se tutti i bambini europei e di tutto il mondo continueranno dopo il Minibasket a giocare a Pallacanestro, avremo sicuramente giocatori più creativi, con grande fantasia motoria, che inventano gesti e movimenti, ma avremo anche persone che rimarranno nell’ambiente cestistico come Istruttori, Allenatori, Dirigenti, Arbitri e……pubblico intelligente.

Prof. Maurizio Mondoni

Fonte: DailyBasket

giovedì 27 giugno 2013

Pallacanestro giovanile e minibasket nelle ex repubbliche sovietiche


Seconda parte - del reportage del Prof. Maurizio Mondoni dalle ex repubbliche sovietiche. Dopo la trattazione relativa a Georgia, Armenia e Bielorussia pubblicata nella prima parte, oggi è la volta di Estonia, Moldavia ed Azerbaijan.

ESTONIA

L’Estonia, splendida repubblica ai confini con la Finlandia, la capitale è Tallin, la città più europea di quelle visitate, città superba, pulitissima, una piazza centrale stupenda, strade ciottolate, chiese maestose con campanili altissimi e bianchi, mura di cinta (della città vecchia) imponenti; qui si svolsero nel 1980 le gare di vela dei Giochi Olimpici di Mosca.

Molti i prodotti “made in Italy” che si trovano nei negozi, molti ristoranti italiani, gente cordiale, simpatica, il guaio è che a Tallin piove quasi sempre e fa freddo anche d’estate!

Il primo anno il corso di formazione per allenatori di pallacanestro è stato tenuto a Tallin, mentre il secondo anno si è svolto a Vjlandi, città estone medioevale a circa 200 km. da Tallin.

Lo sport che va per la maggiore è l’atletica leggera (soprattutto il decathlon), il basket è in forte espansione, assieme allo sci di fondo, al calcio e alla vela.

Al Corso hanno partecipato 20 Istruttori provenienti da tutta l’Estonia. In Estonia il basket è molto praticato a scuola, sono organizzati nelle principali città molti tornei di 3 contro 3 (all’aperto e in palestra).

Gli allenamenti sono molto intensi, molta preparazione atletica (pesi, pliometria), gli allenatori sono preparati molto bene.

Tra i maschi molti giocatori sono alti più di due metri (e giocano ala e non pivot) e tra le ragazze, molte superano il metro e novanta.

A livello maschile il gioco è velocissimo, tiro rapido, difese non molto asfissianti e molto contropiede; a livello femminile c’è una grande attenzione alla difesa.

Si disputano i campionati nazionali di basket (serie A 1, serie A2 e categorie giovanili), il livello tecnico del Minibasket è sicuramente superiore al nostro: più tecnica individuale e soprattutto più preparazione fisica. Prima si costruisce attraverso l’educazione e lo sviluppo delle capacità motorie individuali e poi in progressione si lavora sulla tecnica (senza esagerare però!).

MOLDAVIA

La capitale è Khisinev, città bella, pulita, con molte fontane, tanto verde, traffico ordinato, ambasciata russa imponente con un controllo militare incredibile.

Ma nonostante questo sfarzo apparente, il paese è povero, basti pensare che un professore universitario guadagna 40-50 dollari al mese.

Un altro sintomo delle ristrettezze economiche è la qualità veramente bassa degli impianti sportivi, obsoleti, mal curati e in disarmo.

Al Corso di Formazione hanno partecipato 15 allenatori, provenienti da tutto il paese, molto interessati, ma quasi tutti ancora ancorati al “metodo russo”: tanti pesi, tanta atletica e poca tecnica.

I giovani giocatori moldavi si allenano quattro volte la settimana, molti allenatori sono bravi, altri un poco pressappochisti.

Ho condotto alcuni allenamenti e ho notato che alcuni giocatori sono fortissimi, duri (non si stancano mai) cocciuti, volonterosi, ma troppo caotici nell’impostare il gioco e nel condurre le azioni di attacco, in difesa zero o quasi. Se i nostri giocatori avessero la loro forza e la loro resistenza, sarebbero dei campioni.

In Moldavia la pallacanestro non va per la maggiore. Erano molto forti le nazionali maschili e femminili di qualche anno addietro, ma ora qualcosa sta cambiando e risultati si sono visti agli ultimi campionati europei cadetti e juniores (maschili e femminili).

Il Minibasket è praticato a scuola e nei club, ma assomiglia molto alla pallacanestro, tanta tecnica e selezioni precoci.

AZERBAiJAN

L’Azerbajan, quasi sette milioni di abitanti, repubblica situata tra l’Armenia e il Mar Caspio, solcata dal fiume Kura.

La capitale è Baku, un milione di abitanti, la più importante risorsa di questo paese è il petrolio, ma vi sono anche molti allevamenti di bestiame e coltivazioni di riso e cotone.

Molto bella la capitale, con monumenti grandiosi e palazzi incantevoli, soprattutto un nuovissimo Palazzo dello Sport, dotato di parquet e canestri di cristallo.

Il calcio è lo sport più praticato, l’Azerbaijan ha conquistato medaglie preziose ai Giochi Olimpici di Sidney (judo, lotta e tiro a volo) e numerosi piazzamenti; lo Stato finanzia principalmente gli sport individuali.

Grande espansione per la pallavolo femminile, il calcio, l’atletica leggera e la pallacanestro sono in ascesa.

Al Corso hanno partecipato 20 Istruttori, con molta voglia di imparare. I giocatori non sono molto talentuosi, solo qualcuno è alto più di due metri, il basket si gioca solo a scuola, esiste un Torneo universitario e un campionato di serie A (senza stranieri). Il livello tecnico è molto basso, ma in compenso la volontà di migliorare è tanta. Il Minibasket è poco praticato a scuola e nei Club le selezioni sono precoci. Ho cercato di inculcare negli Istruttori Minibasket il concetto di un Minibasket gioco-sport, presentandolo attraverso giochi con la palla e giochi propedeutici.

CONCLUSIONI

Prima la “madre” Russia comandava e loro ubbidivano, ora sono da soli e fanno fatica a prendere delle decisioni, ma il tempo darà a loro ragione: diamogli tempo per riorganizzarsi e vedrete che sapranno risorgere.

La differenza tra il nostro basket giovanile e il loro è sostanzialmente questo:

-         si allenano di più e duramente (si “cura” maggiormente la preparazione fisica);

-         sono più talentuosi;

-         hanno più volontà;

-         sono più atleti;

-         non hanno nulla e fanno sforzi incredibili per emergere;

-         lo sport si pratica a scuola;

-         non circola molto denaro e molti allenatori allenano gratuitamente.

Le differenze tra il nostro Minibasket e il loro?

Il Minibasket è propedeutico al basket, la tecnica si insegna subito, la selezione è precoce, idem la specializzazione dei ruoli.



Prof. Maurizio Mondoni

Fonte: Dailybasket